1 DICEMBRE GIORNATA MONDIALE LOTTA ALL’AIDS
La Giornata mondiale contro l’AIDS, indetta ogni anno il 1º dicembre, è dedicata ad accrescere la coscienza della epidemia mondiale di AIDS dovuta alla diffusione del virus HIV. Dal 1981 l’AIDS ha ucciso oltre 25 milioni di persone, diventando una delle epidemie più distruttive che la storia ricordi. Per quanto in tempi recenti l’accesso alle terapie e ai farmaci antiretrovirali sia migliorato in molte regioni del mondo, l’epidemia di AIDS ha mietuto circa 3,1 milioni di vittime nel corso del 2005 (le stime si situano tra 2,9 e 3,3 milioni), oltre la metà delle quali (570.000) erano bambini.
L’idea di una Giornata mondiale contro l’AIDS ha avuto origine al Summit mondiale dei ministri della sanità sui programmi per la prevenzione dell’AIDS del 1988 ed è stata in seguito adottata da governi, organizzazioni internazionali ed associazioni di tutto il mondo.
Dal 1987 al 2004 la Giornata mondiale contro l’AIDS è stata organizzata dall’UNAIDS, ovvero dall’organizzazione delle Nazioni Unite che si occupa della lotta all’AIDS, la quale, in collaborazione con altre organizzazioni coinvolte, ha scelto di volta in volta un “tema” per la Giornata. Dal 2005 l’UNAIDS ha demandato la responsabilità dell’organizzazione e gestione della Giornata Mondiale alla WAC (The World AIDS Campaign), un’organizzazione indipendente, che ha scelto come tema per l’anno – e fino al 2010 – Stop AIDS: Keep the Promise (ovvero “Fermare l’AIDS: manteniamo la promessa”) tema che non è strettamente legato alla Giornata Mondiale ma che rispecchia l’impegno quotidiano della WAC.
DOMANDE FREQUENTI
1. Qual è la causa dell’infezione da HIV?
La causa dell’infezione da HIV è un virus che dal 1986 è stato denominato Virus dell’Immunodeficienza Umana (Human Immunodeficiency Virus – HIV). Sono stati identificati due tipi principali di HIV, denominati HIV-1 e HIV-2, che sembrano avere caratteristiche patologiche e cliniche simili.
In merito all’origine dell’HIV, ci sono diverse ipotesi, ma nessuna è stata avvalorata in modo scientifico.
2. Come si trasmette l’infezione da HIV?
L’infezione da HIV si trasmette attraverso:
- Contatto sessuale: rapporti vaginali, anali, oro-genitali praticati e contatto diretto tra genitali non protetti dal preservativo. Tale trasmissione avviene attraverso il contatto tra liquidi biologici infetti (secrezioni vaginali, liquido precoitale, sperma, sangue) e mucose anche integre, durante i rapporti sessuali. Ulcerazioni e lesioni dei genitali causate da altre patologie possono far aumentare il rischio di contagio.
Il coito interrotto non protegge dall’HIV, così come l’uso della pillola anticoncezionale, del diaframma, dell’anello vaginale e della spirale. Le lavande vaginali, dopo un rapporto sessuale, non eliminano la possibilità di contagio. - Contatto con sangue infetto: scambio di siringhe, trasfusioni di sangue o di prodotti di sangue infetti e/o trapianti di organi infetti, utilizzo di strumenti infetti. Contatto diretto tra ferite cutanee, profonde, aperte e sanguinanti, schizzi di sangue o di altri liquidi biologici sulle membrane/mucose (come gli occhi).
- Trasmissione verticale: da madre sieropositiva a figlio durante la gravidanza, il parto o l’allattamento al seno.
3. Le pratiche di petting possono trasmettere l’infezione da HIV?
Il petting (insieme di pratiche ed effusioni di natura sessuale, quali bacio, masturbazione, sfregamento dei genitali, carezze reciproche, ma che non prevedono rapporti sessuali penetrativi completi), può essere a rischio nel momento in cui bocca, pene, vagina o ano vengano a contatto diretto con liquidi genitali, quali secrezioni vaginali, secrezioni precoitali, sperma e/o con sangue.
4. Quali liquidi biologici trasmettono il virus?
I liquidi biologici che trasmettono l’infezione da HIV sono: sperma, liquido precoitale, secrezioni vaginali, sangue, latte materno.
5. Perché si considerano a maggiore rischio di infezione da HIV i rapporti sessuali di tipo anale?
I rapporti anali sono a maggior rischio perché la mucosa anale è molto fragile ed in tale pratica si possono creare delle ferite/microlesioni che potrebbero aumentare la possibilità del passaggio del virus.
6. Sono a rischio di infezione da HIV coloro che assumono droghe per via endovenosa?
Sì, sono a rischio solo se scambiano siringhe e oggetti per la preparazione della droga con persone sieropositive.
7. I rapporti sessuali con più partner aumentano i rischi di infezione da HIV?
No, se nei rapporti sessuali si usa correttamente il preservativo. Il il preservativo, infatti, usato correttamente, è il mezzo più sicuro per la prevenzione dell’infezione da HIV. Usare correttamente il preservativo significa indossarlo, sin dall’inizio, per tutta la durata fino al termine del rapporto senza che si rompa o che si sfili.
8. Le/i prostitute/i possono trasmettere l’infezione da HIV?
No, se nei rapporti sessuali penetrativi (anali, vaginali, orogenitali praticati) usano il preservativo sempre e in modo corretto.
Nel caso di prostitute/i con infezione da HIV il rischio di trasmettere l’infezione al cliente o al partner si presenta, come per qualsiasi altra persona, solo nel caso in cui non venga usato il preservativo sempre e in modo corretto.
Invece, nel caso in cui il cliente sia sieropositivo e non usi il preservativo durante il rapporto sessuale, è la/il prostituta/o che corre il rischio di contrarre l’infezione da HIV.
9. Le persone contagiate per via ematica possono trasmettere il virus durante i rapporti sessuali?
Sì, se non usano sempre e correttamente il preservativo. Usare correttamente il preservativo significa indossarlo, sin dall’inizio, per tutta la durata e fino al termine del rapporto senza che si rompa o che si sfili.
10. Che cosa rischiano le persone sieropositive e i loro partner continuando a praticare comportamenti a rischio?
Le persone sieropositive che scambino siringhe (nel caso di uso di sostanze per via endovenosa) o continuino ad avere rapporti non protetti da preservativo, rischiano di infettare altre persone, di reinfettarsi e di essere esposti ad altre malattie infettive e ad infezioni a trasmissione sessuale.
11. In una coppia se entrambi i partner sono sieropositivi, è utile proteggere tutti i rapporti sessuali con il preservativo?
Sì, sempre, poiché c’è il rischio di infezione da ceppi virali differenti con possibile sviluppo di resistenza ai farmaci. Inoltre, c’è il rischio di trasmissione di altre infezioni sessualmente trasmesse.
12. I rapporti sessuali con una persona sieropositiva sono a rischio?
No, se nei rapporti sessuali penetrativi (anali, vaginali, orogenitali praticati) viene usato il preservativo sempre e in modo corretto.
13. I bambini come possono contrarre l’infezione da HIV?
I bambini possono contrarre l’infezione da HIV dalla madre sieropositiva durante la gravidanza, al momento del parto e durante l’allattamento. Per questo motivo, attualmente, le donne sieropositive in gravidanza assumono terapia antiretrovirale, partoriscono tramite parto elettivo cesareo ed evitano l’allattamento al seno a favore dell’allattamento artificiale. Viene, inoltre, somministrata la terapia antiretrovirale anche al bambino. In questo modo si riduce, notevolmente, il rischio di contagio per il bambino.
14. La persona con HIV mostra segni/sintomi dell’infezione?
No, non sempre in quanto lo stato di infezione può mantenersi a lungo senza alcun sintomo.
15. Il rapporto oro-genitale è a rischio per l’HIV?
È a rischio solo per la persona che mette la propria bocca (rapporti oro-genitali praticati) a contatto con i genitali di un partner sieropositivo. Tuttavia, potrebbe risultare a rischio anche per chi subisce il rapporto (persona che mette i propri genitali a contatto con la bocca dell’altro) se il partner ha ferite aperte e sanguinanti in bocca, tanto da lasciare tracce copiose ed abbondanti di sangue sui genitali del partner.
16. Quando il contatto con il sangue può rappresentare un rischio?
Quando si presenta un contatto diretto e profondo tra due ferite aperte e sanguinanti o a seguito di un’immissione in vena di sangue infetto (ad esempio scambio di siringhe). Quando il contatto è con la pelle integra non vi è alcun rischio di contrarre l’infezione da HIV.
17. Quali accertamenti diagnostici devono essere eseguiti per rilevare l’infezione da HIV?
L’infezione da HIV viene rilevata con test di primo livello, tra i quali: test che identificano gli anticorpi anti-HIV (EIA, ELISA e similari), test combinati (COMBO Test – identificano non solo gli anticorpi ma anche l’antigene p24) e metodi di biologia molecolare (PCR, NAT, che identificano il genoma del virus). I test che identificano gli anticorpi vengono poi confermati con test di secondo livello (Western Blot, RIPA, RIBA).
18. È possibile sottoporsi ad esami e controlli mantenendo l’anonimato?
Sì, in alcuni Centri Diagnostico-Clinici è possibile mantenere l’anonimato (completa assenza dei dati della persona/utente – non viene richiesto alcun documento); in altri, invece, il test è strettamente confidenziale (la persona/utente fornisce i propri dati solo all’operatore che effettua il test, il quale li conserva e li tratta in modo riservato – Decreto Legislativo 30/06/2003 pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 174 del 29/07/2003, Suppl. Ordinario n.123).
La Legge n. 135 dell’8 giugno 1990 sancisce che gli operatori sanitari qualora, “nell’esercizio della loro professione, vengano a conoscenza di un caso di AIDS ovvero di un caso di infezione da HIV sono tenuti a prestare la necessaria assistenza, adottando tutte le misure occorrenti per la tutela della riservatezza della persona assistita”.
Inoltre, tale normativa stabilisce che “nessuno possa essere sottoposto, senza il suo consenso, ad analisi tendenti ad accertare l’infezione da HIV se non per motivi di necessità clinica nel suo interesse”.
Sono consentite analisi di accertamento di infezione da HIV, “nell’ambito di programmi epidemiologici, soltanto quando i campioni di sangue da analizzare siano stati resi anonimi con assoluta impossibilità di pervenire all’identificazione delle persone interessate (art. 5, comma 3).
“La comunicazione dei risultati di accertamenti diagnostici diretti o indiretti per infezione da HIV può essere data esclusivamente alla persona alla quale tali esami sono riferiti o ai suoi tutori legali” (art. 5 comma 4), opportunamente delegati.
In ogni caso, fornire i propri dati all’operatore, prima del prelievo per il test HIV, ha il solo fine di tutelare la persona affinché il risultato possa essere consegnato solo a lei.
19. Nelle strutture pubbliche il test è sempre gratuito?
Nelle strutture pubbliche, il test è gratuito, come specificato dal Decreto Ministeriale del 1° Febbraio 1991, che individua le malattie che danno diritto all’esenzione dal ticket. Il Ministero della Salute ha attivato nel 2008, in accordo con le Regioni e Province Autonome, il Sistema Nazionale di Sorveglianza delle Nuove Diagnosi di Infezioni da HIV che permetterà, tra l’altro, di fare il punto sulla corretta applicazione delle norme che garantiscono gratuità e anonimato del test da parte delle Aziende Sanitarie Locali.
Le persone straniere, anche se prive del permesso di soggiorno, possono effettuare il test alle stesse condizioni del cittadino italiano.
20. Quando è opportuno effettuare il test HIV?
Il test deve essere eseguito dopo 3 mesi (periodo finestra) dall’ultimo comportamento a rischio. Tale periodo di tempo è necessario all’organismo per sviluppare gli anticorpi specifici contro l’HIV.
E’ opportuno fare sempre riferimento alla valutazione del medico che ha prescritto l’esame o del medico, che la persona incontra nel Centro Diagnostico-Clinico.
21. Quando è inutile ripetere il test HIV?
È inutile quando il test eseguito dopo 3 mesi dall’ultimo comportamento a rischio, risulti negativo. Ciò, infatti, indica, definitivamente, che non è avvenuto il contagio.
22. Un risultato positivo è sempre indicativo di infezione da HIV?
Se un test è positivo e viene confermato successivamente da un test Western Blot, indica, definitivamente, che è avvenuto il contagio.
23. Le Società Assicurative possono richiedere ai propri clienti l’effettuazione del test HIV?
Chi desidera, oggi in Italia come anche in altri Paesi, stipulare un’Assicurazione sulla vita deve sottoporsi ad accertamenti medici volti a fotografare lo stato di salute e a rilevare la presenza di eventuali patologie, che possono influire sul calcolo del rischio. Calcolo che l’Impresa Assicurativa deve compiere al fine di elaborare uno schema di polizza e fissare l’ammontare dei premi. La sieropositività, in questo senso, costituisce un elemento di rilievo nella valutazione delle prospettive di vita di un soggetto.
In numerosi Paesi europei, in seguito alla introduzione della HAART ed al conseguente drastico crollo del tasso di mortalità tra le persone con HIV, l’Industria Assicurativa ha aperto le porte alle persone HIV+, quando risultino aderenti alla terapia e in buone condizioni generali, elaborando polizze che tengono conto del maggior rischio connesso all’infezione.
In Italia (ma non solo) le Assicurazioni del “ramo vita” sono ancora precluse a chi risulti essere sieropositivo.
24. Le Banche possono richiedere ai propri clienti l’effettuazione del test HIV nel momento in cui viene avanzata richiesta di finanziamento?
È sempre possibile rifiutarsi di eseguire il test, ma ciò influirà sulla decisione dell’Impresa Assicurativa di concludere una polizza con il potenziale cliente che non accetta di sottoporsi all’accertamento.
La posizione dell’ANIA (Associazione Nazionale Industrie Assicurative) in materia di accesso alle Assicurazioni sulla vita si fonda sull’assenza nel nostro Paese di dati sulla sopravvivenza delle persone sieropositive che seguono la HAART, che siano sufficientemente “di lungo periodo” affinché l’Industria Assicurativa possa procedere ad un adeguato calcolo del rischio.
25. In quali casi può essere richiesto il test HIV per accedere a selezioni concorsuali?
La Legge 5 giugno 1990 n.135 fissa alcuni principi cardine in materia di trattamento dei dati sanitari connessi all’accertamento dell’infezione da HIV, nonché di accesso e mantenimento del posto di lavoro. L’ampia tutela offerta dalla Legge è stata, in parte, ridimensionata da una sentenza della Corte Costituzionale che ha parzialmente modificato l’art.5 della Legge 135 con riferimento alla possibilità di procedere ad un accertamento dell’infezione da HIV nel caso di attività che comportino rischi per terzi. Non sono, però, mai state definite se e quali siano queste attività.
26. In quali casi può essere richiesto il test HIV per effettuare alcune attività lavorative?
Le categorie professionali interessate sono quelle del personale sanitario e delle forze di pubblica sicurezza. Rispetto a queste categorie, la Corte Costituzionale (sentenza 218 del 1994) ha ammesso l’esistenza di una più ampia discrezionalità del datore di lavoro nel disporre gli accertamenti, specificando, tuttavia, che non può mai trattarsi di esami di massa o per specifici gruppi di persone e che, in ogni caso, debbono essere adottate tutte le misure atte ad escludere che il lavoratore possa essere emarginato e/o discriminato sul posto di lavoro.
27. Un minore di 18 anni può eseguire il test HIV senza il consenso dei genitori o di chi eserciti la tutela?
Allo stato attuale, l’ordinamento non consente al minore di accedere al test senza il consenso dei soggetti esercenti la potestà o l’autorizzazione del giudice tutelare appositamente adito. È molto discussa l’opportunità di permettere ai c.d. “grandi minori” (16 – 17 anni) di eseguire il test senza il consenso dei genitori. Tali proposte di modifica delle norme vigenti sono volte a consentire l’accesso al test al “grande minore”, qualora dal colloquio preliminare emerga che ci siano stati comportamenti a rischio. Nel caso di esito positivo del test HIV è previsto un percorso di accompagnamento del minore alla comunicazione del risultato ai soggetti esercenti la potestà genitoriale.
28. Tutte le donne in gravidanza devono sottoporsi al test HIV?
Il test HIV in gravidanza come in qualsiasi altra situazione non è obbligatorio. Tuttavia questo test è indicato tra gli esami diagnostici proposti alla donna che sta programmando una gravidanza o che è già in gravidanza.
29. In quale momento la donna in gravidanza dovrebbe eseguire il test HIV?
La donna dovrebbe eseguire il test HIV, come altri test per altre malattie infettive trasmissibili al neonato o in grado di provocare malformazioni, prima della gravidanza, nell’ambito di un counselling preconcezionale completo che comprenda informazioni anche su altri fattori che in epoca periconcezionale possono influenzare la salute feto-neonatale (es. farmaci, fumo, sostanze, alcool, supplementi vitaminici e minerali raccomandati etc.). In gravidanza il test HIV deve essere offerto all’inizio della gravidanza insieme ad altri test prescritti alla prima visita (es. rosolia e toxoplasmosi).
Alcune Linee Guida raccomandano di offrire nuovamente il test HIV al terzo trimestre per le donne con un primo test negativo, indipendentemente dalla avvenuta insorgenza di nuove situazioni di rischio. Per altre Linee Guida la ripetizione del test è raccomandata solo se esiste un rischio di sieroconversione per partner sieropositivo, sospetto clinico di infezione acuta o altre situazioni di rischio.
30. Viene indicato un test HIV anche per il partner?
In occasione della gravidanza o del counselling preconcezionale va incoraggiato lo svolgimento di un test simultaneo nel partner.
31. E’ utile che la donna durante l’allattamento al seno del suo bambino esegua un test HIV?
Sì, nelle donne con un test negativo in gravidanza, ma per le quali è presente un rischio o un sospetto di nuova infezione, la ripetizione del test può permettere di identificare la nuova infezione e prevenire attraverso l’evitamento dell’allattamento materno la trasmissione dell’infezione da madre a bambino. In donne mai testate per HIV in gravidanza e che intendano allattare al seno, il test è essenziale per diagnosticare lo stato di sieropositività e stabilire l’opportunità dell’allattamento materno. Il latte materno, infatti, rappresenta una importante via di trasmissione del virus, e l’allattamento artificiale è raccomandato come misura preventiva contro la trasmissione da madre a neonato dell’HIV.
32. E’ possibile denunciare un partner HIV+ che ha tenuto nascosto il proprio stato si sieropositività, trasmettendo in tal modo il virus?
La persona con HIV che, consapevole del proprio stato sierologico, infetti il partner può essere riconosciuto responsabile del reato di lesioni aggravate di cui agli artt. 582-583 del Codice Penale.
E’ necessario però che si accerti l’elemento psicologico del reato, il dolo, almeno nella forma del c.d. dolo eventuale, cioè dell’accettazione del rischio che il proprio comportamento (ad es. il rifiuto e/o la mancata richiesta di utilizzare il preservativo) provochi il danno alla salute del partner.
Trattandosi di lesione gravissima, il reato è perseguibile anche d’ufficio e non solo su querela della persona offesa come per la lesione semplice. L’iniziativa di parte richiede di effettuare una denuncia/querela, direttamente, presso l’autorità di pubblica sicurezza o mediante un proprio legale di fiducia
La responsabilità non sussiste qualora si assumono precauzioni volte ad escludere la trasmissione dell’infezione (uso del profilattico) e si verifichino incidenti (rottura del profilattico). Resta fermo l’obbligo di informare il partner del rischio corso nel caso di rottura del preservativo.
Fa fatto presente che esistono delle procedure, partner notification e contact tracing, che consentono all’operatore sanitario, allo scopo autorizzato dalla persona HIV+ interessata, di contattare il/i partner al fine di metterli al corrente del rischio corso, senza rivelare identità della persona HIV.
L’iniziativa di parte richiede di effettuare una denuncia querela direttamente presso l’autorità di pubblica sicurezza o mediante un proprio legale di fiducia.
33. I coniugi che intendano rendersi disponibili all’adozione devono necessariamente eseguire il test HIV?
Non esiste alcun preciso obbligo di sottoporsi al test dell’HIV per chi intraprenda un percorso di adozione (nazionale o internazionale), ma tale esame è di norma richiesto dai Tribunali dei Minori tra gli accertamenti sanitari finalizzati alla valutazione della idoneità psico-fisica dei potenziali futuri genitori adottivi.
Posto dunque che è sempre legittimo rifiutarsi di eseguite il test, tale diniego potrebbe in qualche misura condizionare la valutazione di idoneità.
Su tale questione può essere utile citare una decisione del Garante della Privacy del luglio 1999. Nella risposta ad un quesito rivoltogli da un Assessorato alla Sanità, il Garante per la protezione dei dati personali, in data 18 luglio 1999, ha fornito alcuni chiarimenti circa la compatibilità tra la Legge n. 135 del 1990 in materia di AIDS e la Legge n. 675 del 1996 in tema di riservatezza con specifico riguardo alla Legge n. 184 del 1983 sulle adozioni.
Il Garante ha risposto che i medici che effettuano analisi circa le infezioni da HIV, per conto dell’Autorità Giudiziaria, non possono poi comunicare i risultati a soggetti diversi dagli interessati, e ciò ai sensi dell’art. 5, commi 1 e 4 della Legge n. 135 del 1990.
La soluzione che il Garante paventa come la più coerente con la ratio ispiratrice della Legge n. 135 del 1990 è quella che prevede che ciascuno dei coniugi coinvolto nell’adozione, informato dal medico sulle proprie condizioni di salute, provveda personalmente a presentare la documentazione ai giudici.
Tuttavia la delicatezza della questione sollevata ha fatto nascere l’esigenza di approntare soluzioni atte a conciliare il regolare svolgimento delle procedure necessarie alle adozioni con la salvaguardia della dignità delle persone interessate.
Si è previsto, pertanto, che il medico che compia questo tipo di accertamenti possa preparare una relazione, da cui si evinca un giudizio complessivo circa la sussistenza di eventuali condizioni patologiche o di rischio, che possano minacciare l’interesse del minore, senza però rendere conoscibili o espliciti i risultati degli accertamenti diagnostici specifici.
Ciò premesso, occorre ricordare che gli esiti di una valutazione di idoneità nel corso della quale emerga che un candidato genitore (o entrambi) sia sieropositivo, non è affatto scontata: vi sono casi in cui i Tribunali hanno decretato l’idoneità di coppie con partner HIV+, con epatite o affetto da handicap motorio o sensoriale.
In caso di adozione internazionale, oltre ai normali accertamenti condotti in Italia per verificare l’idoneità psico-fisica dei futuri genitori adottivi (accertamenti che dovranno essere seguiti da un apposito giudizio di idoneità del Tribunale), occorrerà tenere in considerazione i requisiti sanitari che il paese di provenienza dell’adottato potrebbe richiedere come condizione per l’accesso della coppia all’adozione.
Tali requisiti potranno essere di diverso tipo a seconda del Paese considerato. In caso di coppia con partner HIV+, occorrerà dunque accertarsi presso l’ente intermediario incaricato di seguire la procedura che tale condizione non precluda alla coppia la possibilità di ottenere l’approvazione delle autorità locali competenti, eventualmente orientando la propria scelta verso paesi che non considerino la sieropositività una pregiudiziale assoluta.
34. L’infezione da HIV può costituire motivo di discriminazione?
No, perché la legislazione italiana tutela la persona sieropositiva da discriminazioni di carattere sociale, sanitario, lavorativo ecc.
“L’accertata infezione da HIV non può costituire motivo di discriminazione, in particolare per l’iscrizione alla scuola, per lo svolgimento di attività sportive, per l’accesso o il mantenimento di posti di lavoro”, come recita l’articolo 5, comma 5 della Legge n. 135 dell’8 giugno 1990.
Nota: La Corte Costituzionale, con sentenza 23 maggio-2 giugno 1994, n. 218 (Gazz. Uff. 8 giugno 1994, n. 24 – Serie speciale), ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 5, terzo e quinto comma, nella parte in cui non prevede accertamenti sanitari dell’assenza di sieropositività all’infezione da HIV come condizione per l’espletamento di attività che comportano rischi per la salute di terzi.
35. Una persona contagiata da HIV o malata di AIDS può essere licenziata per tale motivo?
No, assolutamente, come indica l’articolo 5, comma 5 della Legge n. 135 dell’8 giugno 1990.
36. Un operatore sanitario, che lavori all’interno del Servizio Sanitario Nazionale, può rifiutarsi di assistere un sieropositivo o un malato di AIDS?
No, perché alla persona sieropositiva o malata di AIDS, deve essere offerta tutta l’assistenza e le cure necessarie come per qualsiasi altra persona residente sul territorio italiano.
“Gli operatori sanitari che, nell’esercizio della loro professione, vengono a conoscenza di un caso di infezione da HIV sono tenuti a prestare la necessaria assistenza adottando tutte le misure occorrenti per la tutela della riservatezza della persona assistita” (art. 5, comma 1 della Legge n. 135 dell’8 giugno 1990).
37. Come si possono eliminare i rischi di contrarre l’infezione da HIV mediante i rapporti sessuali?
L’uso corretto del preservativo può annullare il rischio di infezione durante ogni tipo di rapporto sessuale con ogni partner. Per un uso corretto del preservativo è importante leggere la data di scadenza e le istruzioni sulla confezione, indossarlo dall’inizio alla fine del rapporto sessuale, usarlo solo una volta, srotolarlo sul pene in erezione, eliminare l’aria dal serbatoio, facendo attenzione a non danneggiarlo con unghie o anelli, conservarlo con cura lontano da fonti di calore (cruscotto dell’auto ed altro) e senza ripiegarlo (nelle tasche, nel portafoglio). Non vanno usati lubrificanti oleosi (vaselina) perché potrebbero alterare la struttura del preservativo e provocarne la rottura.
38. Il preservativo elimina il rischio di contagio?
Sì, se indossato fin dall’inizio del rapporto, per tutta la durata e se non si rompe. Per un utilizzo corretto seguire le istruzioni riportate nella confezione.
39. Il preservativo deve essere usato anche per un solo rapporto sessuale?
Sì, perché ci si può infettare anche con un solo rapporto sessuale.
40. I rapporti sessuali con una persona sieropositiva devono essere protetti in modo specifico?
No, è’ sufficiente utilizzare il preservativo, in tutti i rapporti sessuali penetrativi dall’inizio alla fine.
41. Sì, può contrarre, oggi, l’infezione da HIV mediante una trasfusione di sangue?
È estremamente improbabile poiché a partire dal 1987, le unità di sangue sono sottoposte a screening obbligatorio con la conseguente eliminazione di quelle risultate positive all’HIV. Il minor ricorso a trasfusioni “inutili”, l’utilizzo dell’autotrasfusione, il trattamento con calore degli emoderivati e la selezione dei donatori con l’esclusione di quelli con comportamenti a rischio, hanno, di fatto, eliminato il pericolo di contagio attraverso questa modalità.
42. Le persone che hanno comportamenti a rischio possono donare il sangue?
No, perchè potrebbero aver contratto l’infezione da HIV e, quindi, donare sangue infetto da HIV.
43. Esiste un preservativo femminile, che possa essere indossato dalla donna?
Sì esiste, anche se ancora non è disponibile in tutte le regioni italiane. In alcune regioni italiane il preservativo femminile può essere acquistato nelle farmacie comunali. Inoltre, è possibile ordinare in farmacia i preservativi femminili.
44. Le persone sieropositive possono avere figli?
Sì. Nel caso si tratti della donna ad aver contratto l’infezione da HIV, è possibile diminuire il rischio di trasmissione dell’HIV al figlio attraverso terapia antiretrovirale (terapia materna antepartum ed intrapartum, profilassi antiretrovirale al neonato), parto cesareo elettivo, allattamento artificiale. In questo caso per evitare la trasmissione al partner maschile non infetto durante il concepimento, si utilizza l’inseminazione intrauterina.
Invece, se è il partner maschile HIV positivo si utilizza la metodica del lavaggio dello sperma (sperm washing). Tra l’altro, tale metodica riduce la possibilità di super-infezione quando i partner sono entrambi HIV positivi (Commissione Nazionale per la Lotta contro AIDS, ” Aggiornamento delle conoscenze sulla terapia dell’infezione da HIV, 2008).
Inoltre, nel nuovo testo delle Linee Guida della Legge n. 40 del 2004, pubblicate sulla Gazzetta Ufficiale n. 101 del 30/04/2008, si specifica che possono accedere alle tecniche di riproduzione assistita anche le coppie in cui il partner di sesso maschile abbia l’infezione da HIV.
45. È possibile l’accesso alle cure ospedaliere, alla terapia antiretrovirale e alle strutture di accoglienza per persone straniere con o senza permesso di soggiorno?
La Legge prevede per le persone straniere (anche senza permesso di soggiorno) l’accesso alle cure ambulatoriali e ospedaliere urgenti o comunque essenziali ancorché continuative cfr. Legge 6/03/98 n°40 e Decreto legislativo Luglio 98 n°286 artt. 34 e 35.
“Ai cittadini stranieri presenti sul territorio nazionale, non in regola con le norme relative all’ingresso e al soggiorno, sono assicurate, nei presidi pubblici e privati accreditati, le cure ambulatoriali e ospedaliere urgenti o comunque essenziali, ancorché continuative, per malattia e infortunio; sono altresì a loro estesi i programmi di medicina preventiva a salvaguardia della salute individuale e collettiva. In particolare, sono garantiti: la tutela sociale della gravidanza e della maternità; la tutela della salute del minore; le vaccinazioni; gli interventi di profilassi internazionale; la profilassi; la diagnosi e la cura delle malattie infettive.”
A favore delle persone straniere tossicodipendenti si applicano le disposizioni previste dal DPR 309/90, compreso l’inserimento in Comunità.
Queste prestazioni sono erogate senza oneri a carico dei richiedenti privi di risorse economiche sufficienti, fatte salve le quote di partecipazione alla spesa a parità con i cittadini italiani. Le cure sono gratuite per gli stranieri indigenti e sono a carico dell’Azienda Sanitaria Locale (ASL) competente per il luogo in cui le prestazioni sono state erogate (art.43, comma 3 del regolamento di attuazione). A tal fine fa fede una autodichiarazione dello stato di indigenza da parte della persona interessata.
L’accesso alle strutture sanitarie da parte della persona straniera non in regola con le norme sul soggiorno non può comportare alcun tipo di segnalazione all’autorità, salvo i casi in cui sia obbligatorio il referto.
Il termine “cura” va inteso come assistenza medica e farmaceutica, anche per coloro che sono sieropositivi o malati di AIDS.
L’assistenza in Strutture Residenziali protette, come le Case Alloggio, è stato da alcune Regioni interpretato all’interno del dettato di Legge che recita “cure ancorché continuative” come condizione per rendere efficaci la cura delle malattie infettive e la tutela della saluta individuale e collettiva.
Le persone straniere, in possesso del permesso di soggiorno, detenute compresi coloro i quali siano in semilibertà o usufruiscano di forme alternative di pena, sono iscritti al SSN.
Per le persone straniere non in regola è possibile accedere alla cure attraverso il codice STP (Straniero Temporaneamente Presente); per i cittadini comunitari non in possesso di tessera TEAM (Tessera Europea di Assicurazione di Malattia ) l’accesso alle prestazioni è normato in modo differente nelle diverse Regioni.
46. Quali sono le possibilità di assistenza a domicilio per le persone con HIV/AIDS?
L’assistenza domiciliare per le persone con HIV/AIDS, gratuita, è prevista dalla L.135/90 art.1 e 2 e dai Livelli Essenziali di Assistenza (LEA). Può essere attuata direttamente dai reparti di Malattie infettive o dalle ASL a seconda del modello assistenziale stabilito da ciascuna Regione.
47. Nel caso in cui la persona sieropositiva o malata di AIDS non possa essere assistita a domicilio è possibile l’accoglienza “presso idonee Residenze collettive o Case Alloggio”?
Sì, è prevista l’accoglienza presso Case Alloggio, che sono distribuite su quasi tutto il territorio nazionale. Tali strutture sono di regola convenzionate con il Servizio Sanitario e le modalità di accesso variano da regione a regione.
In alcune regioni è possibile anche un’accoglienza solo diurna, sostitutiva o integrativa rispetto all’assistenza erogata a domicilio (www.cicanazionale.it).
“In Italia le prime case alloggio per persone affette da HIV sono state costituite nel 1989. L’attuale modello, previsto dalla Legge 5 giugno 1990, n. 135, e dai successivi decreti di attuazione, assicura a coloro che non dispongono di una casa o di un nucleo familiare l’accoglienza in una Struttura abitativa, sostegno e assistenza socio-sanitaria. L’obiettivo è stato quello di creare un modello di assistenza che tenesse conto sia dei bisogni di salute, sia dei problemi di carattere sociale delle persone malate. Le Case Alloggio, nel corso del tempo, hanno accolto in un ambiente familiare persone sieropositive e in AIDS, riducendo l’ospedalizzazione a vantaggio di un’assistenza personalizzata che assicuri un sostegno, sia sul piano terapeutico, che su quello psicologico. Le Case Alloggio accolgono le persone ospitate senza discriminazioni riguardo a differenze di genere, di estrazione sociale, di cultura, di razza e di gravità della patologia, nel rispetto dei bisogni e della dignità di ognuno. Promuovono il lavoro di rete con tutte le strutture sanitarie (reparti ospedalieri, day hospital, ambulatori, ecc.) e sociali di riferimento, creando un sistema di solidarietà tra gli ospiti e le persone che se ne prendono cura. Inoltre, anche attraverso l’azione del volontariato, associato e non, in stretta collaborazione con i servizi pubblici, le Case Alloggio promuovono l’integrazione delle persone con HIV/AIDS con il territorio d’appartenenza.
Le Case Alloggio sono state individuate dal legislatore anche come luoghi alternativi alla carcerazione per quei soggetti che si trovano in condizioni di incompatibilità con il regime carcerario” (Fonte: Ministero della Salute – Manuale di informazioni pro-positive).
48. L’HIV può penetrare attraverso la pelle integra?
No, perché la pelle è una protezione, un “rivestimento”, una barriera per il nostro organismo.
49. È pericoloso vivere nello stesso ambiente di una persona sieropositiva o di un malato di AIDS?
No, perché la condivisione di ambienti di vita, il contatto sociale ordinario, lo scambio di vestiti, la stretta di mano, non comportano alcun rischio di contagio.
50. L’infezione da HIV può trasmettersi attraverso il bacio “profondo”?
No, salvo il caso in cui la persona sieropositiva abbia lesioni e sanguinamenti delle mucose orali macroscopicamente visibili. In tal caso, il contatto durante il bacio non è più solo con la saliva, ma anche con il sangue.
51. Si può contrarre l’infezione bevendo dallo stesso bicchiere o mangiando nello stesso piatto di persone sieropositive?
No, perchè la saliva non trasmette questo virus.
52. Le lacrime, la saliva, l’urina, le feci, il vomito, le secrezioni nasali e il sudore sono in grado di trasmettere l’infezione da HIV?
No, le lacrime, il sudore, la saliva, ma anche l’urina, le feci, il vomito e le secrezioni nasali non trasmettono l’infezione da HIV.
53. Si può contrarre l’infezione da HIV usando il rasoio o lo spazzolino da denti di persone sieropositive?
No, perchè l’infezione da HIV si trasmette attraverso un contatto “diretto” con il sangue infetto. Tuttavia, è buona norma igienica, non usare strumenti personali in comune, indipendentemente, dalla conoscenza dello stato di sieropositività dell’altro.
54. Si può trasmettere l’infezione attraverso gli strumenti usati dal dentista?
No, perché il dentista deve utilizzare strumenti sterilizzati oppure strumenti usa e getta (monouso).
55. Gli insetti e gli animali domestici possono trasmettere l’infezione da HIV?
No, perché non è possibile la trasmissione uomo/animale e viceversa. Questo virus, infatti, si può trasmettere solo da un essere umano infetto ad un altro.
56. Un bambino sieropositivo può contagiare un altro bambino sano?
No, nessun bambino si è mai contagiato nei contatti sociali con un bambino sieropositivo. Anzi è il bambino sieropositivo, che avendo un sistema immunitario compromesso, rischia di contrarre più facilmente le tipiche patologie infettive dell’infanzia.
57. Quali sono le precauzioni specifiche che il personale scolastico può adottare in caso di sanguinamento da parte di un bambino sieropositivo?
La precauzione da usare, come in tutte le situazioni di contatto con sangue di altre persone, è l’uso di guanti per effettuare la medicazione di ferite.
58. Sì può trasmettere l’infezione da HIV attraverso asciugamani, lenzuola e sedili del water?
No, perché la condivisione di questi oggetti non comporta alcun rischio di contagio.
59. Sì può trasmettere l’infezione da HIV attraverso morsi, graffi, colpi di tosse?
No, in tal modo non si trasmette l’HIV.
60. L’HIV si trasmette frequentando palestre, piscine, docce, saune, gabinetti, scuole, asili, luoghi di lavoro, ristoranti, bar, cinema, locali pubblici e mezzi di trasporto?
No, non ci si può infettare in questo modo.
61. L’HIV si può trasmettere attraverso punture accidentali di aghi o siringhe abbandonate per strada?
No, non si può trasmettere in questo modo, in quanto il virus fuori dal corpo umano, esposto alle normali condizioni ambientali, perde la capacità infettante.
62. Il medico nell’esercizio della sua professione, qualora certifichi lo stato di salute di una persona con HIV per l’accesso ad attività sportive, è tenuto a comunicare all’allenatore o responsabile dell’attività sportiva lo stato di sieropositività del proprio assistito?
No, in quanto il medico risponde ad un codice deontologico che tutela la riservatezza dei suoi assistiti. Inoltre la Legge 135 del 1990 vieta a chiunque di comunicare a terzi la diagnosi di sieropositività.
Infine, non esistono controindicazioni all’esercizio di attività sportiva non agonistica.
63. Oltre all’AIDS, quali sono le altre infezioni sessualmente trasmesse?
Attualmente si conoscono circa trenta quadri clinici diversi di Infezioni Sessualmente Trasmesse (IST), provocati da oltre 20 agenti infettivi. Nella seguente tabella è riportato un elenco delle principali IST, dei rispettivi agenti causali e del quadro clinico più frequente.