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“I PASSI AVANTI DEGLI INFERMIERI ITALIANI E LE SFIDE DELL’IMMEDIATO FUTURO PER LA PROFESSIONE”

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La presidente della Federazione Nazionale Collegi Ipasvi, Annalisa Silvestro, si racconta in una lunga intervista pubblicata oggi dal quotidiano on line Nurse24. 

La presidente della Federazione Nazionale Collegi Ipasvi, Annalisa Silvestro, si racconta in una lunga intervista pubblicata oggi dal quotidiano on line Nurse24.
Occhi puntati sui grandi passi che la professione ha fatto durante gli anni alla guida dell’Ipasvi e sul percorso ordinistico e legislativo che attende gli infermieri italiani, anche alla luce della carica di senatrice ricoperta all’interno dell’attuale Parlamento.

“Il primo passo, sostenuto da un grande, forte e corale impegno di noi tutti – ha spiegato la presidente Silvestro – è stato l’ottenimento della legge n. 251 del 2000 che, tra le altre norme, indica qual è l’oggetto della professione infermieristica: le attività dirette alla prevenzione, alla cura e salvaguardia della salute individuale e collettiva (art. 1, comma 1). I disposti normativi della legge 251/00 sono stati fondamentali per il riposizionamento giuridico degli infermieri e dell’assistenza infermieristica e, conseguentemente, più che utili nell’elaborazione di numerose memorie giuridiche di tipo difensivo. Tra le ultime ricordo, con particola soddisfazione, quella messa a disposizione dei Collegi Ipasvi della Regione Toscana per  contrastare l’esposto (che ha esitato nell’archiviazione dell’esposto stesso) presentato dal presidente dell’Ordine dei medici di Bologna nei confronti degli infermieri triagisti e soprattutto degli infermieri che sperimentavano (in primis in Toscana) la metodica del see & treat.
Le disposizioni normative ottenute, contenute nella legge 42/99 e nella legge 251/00, rendevano però necessario affrontare una condizione che poteva divenire particolarmente critica per il gruppo professionale: se il campo di azione e responsabilità dell’infermiere era correlato al profilo professionale (completato con la definizione del campo di attività ex legge 251/00 della professione), al Codice deontologico e agli ‘ordinamenti didattici dei rispettivi corsi di diploma universitario e di formazione post base…’ poteva crearsi una situazione di oggettiva diversificazione operativa (diversi livelli di autonomia/responsabilità) per gli infermieri che non avessero potuto accedere alla formazione post titolo professionale in ambito accademico. Bisognava superare il rischio di una diversificazione divisiva del corpus infermieristico.

Ecco quindi il secondo passo. – continua la senatrice – Con l’ottenimento della legge n. 1 del 2002 è stata sventata tale ipotesi (art. 1,comma 10: ‘I diplomi conseguiti in base alla normativa precedente dagli appartenenti alle pressioni sanitarie di cui alle leggi 26 febbraio 1999 n. 42 e 10 agosto 2000 n. 251 … sono validi ai fini dell’accesso ai corsi di laurea specialistica, ai master e agli altri corsi di formazione post base’). Con la legge 1/02 veniva mantenuta l’unitarietà e la forza dell’intera compagine professionale e venivano date pari possibilità evolutive a tutti gli infermieri attraverso l’effettuazione di ulteriori percorsi formativi e di ridefinire con la competenza acquisita i contenuti del proprio specifico esercizio professionale.
Non è stato facile ‘portare a casa’ la legge 251/00, ma ancor di più la legge 1/02 perché in molti preferivano che si venissero a definire due tipologie di infermieri (quelli di serie A: gli universitari, e quelli di serie B: tutti gli altri). L’Università avrebbe mantenuto un (supposto) prestigio, si sarebbe formata una figura con spiccate funzioni di interconnessione tecnica tra medico e paziente, si sarebbe potuto valorizzare rapidamente questa “nuova” figura sia da un punto di vista contrattuale, sia nella progressione di carriera (specializzazioni correlate a quelle mediche e funzioni gestionali e di coordinamento).

Infine – ha concluso Silvestro – il terzo passo inerente l’altra ‘necessità’ che avevamo individuato: le macro tipicità funzionali dell’esercizio professionale infermieristico. Con la legge n. 43 del 2006 la compagine professionale è riuscita a definire alcuni punti fermi e di forte impatto sia per la struttura delle funzioni professionali, sia per le relazioni a valenza gestionale. Tre le tipologie funzionali: l’infermiere generalista, l’infermiere specialista e coordinatore e, infine, l’infermiere dirigente. Praticamente la legge 43/06 delinea la struttura della professione e le linee per impostare la progressione di carriera. La progressione può avvenire sia in ambito clinico assistenziale (infermiere specialista), sia in ambito gestionale (infermiere coordinatore e dirigente)”.

Nell’intervista, poi, si affronta il recente disegno di legge sul riordino delle professioni sanitarie: cosa cambierà per la professione?
“Innanzitutto – ha risposto Silvestro – bisognerà vedere che sintesi varrà fatta tra i diversi disegni di legge presentati, tra cui il mio, e il testo presentato dal Governo. Il mio intento è di pervenire ad una modernizzazione del quadro normativo ordinistico che tenga conto delle istanze del mondo civile e del mondo professionale. Il cambiamento che deriverà alla nostra professione è strettamente collegato al testo che emergerà dal lavoro in Commissione e poi in aula. Forse stavolta – è banale, ma so che tantissimi colleghi lo desiderano – ce la facciamo a cambiare la nostra denominazione: da infermiere professionale a infermiere. Ritengo che la trasformazione dei nostri Collegi in Ordini renda plastico il passaggio giuridico, formativo e professionale raggiunto dalla nostra professione in questi ultimi 20 anni. Il passaggio è dovuto nonostante sia sistematicamente contrastato”.

fonte: www.ipasvi.it

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