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FASCICOLO SANITARIO ELETTRONICO

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Il primo meeting nazionale sul Fascicolo Sanitario Elettronico, del 14 giugno scorso, ha permesso di tirare un iniziale bilancio sulla diffusione di questo strumento prezioso per facilitare un archivio organizzato della propria situazione di salute o malattia, che permette di sostituire la vecchia copia della cartella clinica o le lastre che ingombravano un vano del nostro armadio con un agile consultazione via internet del dossier sanitario individuale.

Abbiamo intervistato al termine del convegno Luca Rigoni, Direttore Generale di Assinter Italia, l’associazione promotrice dell’evento, che raggruppa tutte le società in house che operano per l’innovazione tecnologica nelle regioni italiane.
Dott. Rigoni, a che punto siamo nelle Aziende italiane con l’implementazione del Fascicolo Sanitario Elettronico (FSE)?
  • Il confronto avvenuto in occasione dell’incontro di Napoli, basato sui dati presentati dall’Università di Urbino, ci ha permesso di riscontrare differenze strategiche, tecnologiche, culturali e di investimento all’interno dei vari territori regionali. Esistono realtà come Lombardia, Emilia-Romagna e Toscana dove il fascicolo, oltre ad essere strumento centrale nelle policy di e-health regionale, vede Aziende e professionisti coinvolti nel processo di innovazione. Interessante, anche se specifico di una realtà particolare, il lavoro sul fascicolo socio-sanitario che si sta sviluppando a Trento. A questo punto occorre che le realtà più avanzate favoriscano l’adozione di un modello generalmente condiviso. Le esperienze maturate negli scorsi anni possono infatti essere utilmente condivise sia dal punto di vista tecnologico che dal punto di vista organizzativo. I documenti clinici più diffusi attualmente nell’FSE sono certamente i referti di laboratorio analisi, i referti di radiologia e in generale i referti specialistici. Molto si deve ancora fare per i piani terapeutici e per le cartelle cliniche di ricovero. Insomma, in una realtà come la nostra in cui la diffusione risulta a macchia di leopardo, con nette differenze tra centro nord e mezzogiorno, non dobbiamo inventare nulla: dobbiamo favorire lo scambio delle conoscenze e garantire una regia interregionale.
Come spiegherebbe ai cittadini i vantaggi per l’assistito derivanti dalla tecnologia applicata alla vecchia cartella clinica?
  • Il FSE, nella sua dimensione evoluta, permette al cittadino e al medico di avere sempre disponibile un quadro aggiornato di dati e informazioni relative alla persona e ai suoi rapporti con il sistema sanitario. Possiamo pensarlo, per semplicità, come un cruscotto informativo, sempre acceso e disponibile. Possiamo pensarlo come un concreto passo in avanti verso il dialogo tra amministrazioni sanitarie e cittadino, riducendo al minimo l’uso di carta. Informazioni sempre disponibili sull’intera vita del paziente cittadino. Il cittadino non solo come consumatore di info sulla salute, ma vero e proprio produttore.
Anche per le Aziende Sanitarie l’implementazione del FSE potrebbe dare solo vantaggi, o no?

  • In un contesto socio-politico come quello italiano, dove il tema della spending review risulta essere al centro di ogni riflessione, dobbiamo seriamente interrogarci sul punto di equilibrio tra risorse disponibili e mantenimento dei servizi. Contrariamente ai luoghi comuni più diffusi, il costo della sanità italiana, come riportato da recenti rapporti redatti dalle associazioni di aziende sanitarie, risulta tra i più bassi in Europa, mentre rimane elevata la “buona reputazione” del servizio. Il FSE può essere quindi uno strumento che consente di ridurre i costi di gestione, favorendo la razionalizzazione organizzativa all’interno delle strutture e la migliore comunicazione tra diversi soggetti pubblici. Ovviamente, per arrivarci occorre un investimento iniziale che, anche grazie alle esperienze di chi è un passo avanti, può essere ridotto e indirizzato al meglio, evitando di commettere errori già sperimentati da altri.
C’è ancora da avere timori per la privacy rispetto al FSE?
  • L’Italia è un luogo dove per molto tempo si è pensato all’innovazione attraverso stratificazione di norme e interventi regolatori, talvolta anche di ottimo livello tecnico dottrinale. E’ venuto però il tempo di trovare un giusto equilibrio tra innovazione e cambiamento, regolazione e tutela. Al centro ovviamente deve rimanere sempre il cittadino. Il diritto di miglior cura è centrale nel nostro sistema ed è – le esperienze esistenti lo dimostrano ampiamente anche nei casi più delicati – compatibile con le norme più evolute di privacy. Dobbiamo tutti concentrarci sugli effetti concreti del nostro operare, evitando approcci accademici e dando fiducia al cambiamento. Talvolta più che un problema giuridico si tratta di resistenza culturale. La comunicazione e la collaborazione tra gli attori del sistema appare oggi il vero punto di attenzione, anche per una corretta gestione della nostra privacy.
fonte: www.ipasvi.it

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